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sabato 17 dicembre 2011

4 nomi, 4 persone

E‘ da tre giorni che cerco le parole per dire qualcosa di intelligente, di sensato, e di indignato ma proprio non ci riesco e tutto tace.
Allora solo quattro nomi: Samb Modou, Diop Mor, Moustapha Dieng, Sougou Mor.

… per dare voce a chi voce non ce l’ha o non ce l’ha più.

Non posso fare a meno però di chiedermi a cosa serva parlare di condivisione di idee, di costruzione sociale della conoscenza, di abbattimento delle barriere, di ricerca della verità, di educazione, bla, bla, bla…
Non è che per caso certi valori valgono solo in rete, dove siamo tutti belli e tranquilli , isolati e protetti davanti ad uno schermo?
Non mi piace far parte di quelli che se la cantano e se la suonano, di quelli che dicono le cose “comme il faut“, toglierei subito il disturbo.

4 commenti:

Fermina Daza ha detto...

Hanny, sono una di poche parole e preferisco ascoltare più che parlare.
Ho sempre pensato che chi fa le cose in cui crede,e le fa davvero, le fa senza bande e senza grancasse,le fa in silenzio, perché è troppo impegnato a "sporcarsi le mani".. e non ha tempo da perdere alla ricerca di allori... E il valore non ha bisogno di essere scritto, ha bisogno di essere praticato.... Grazie!

laura ha detto...

E' proprio vero, alcuni valori, alcune cose, più che dette vanno praticate.
La mia paura è che le troppe parole nascondano vuoto e ipocrisie.
I valori che professiamo nella rete devono essere praticate soprattutto nella vita reale, pena la "deriva comunicativa".
Ma lungi da me il voler essere una moralista,è che nonostante l'età, quando alcune cose mi fanno arrabbiare, non riesco a trattenermi!

Andreas Formiconi ha detto...

Su questo non c'è dubbio, ma le semplificazioni eccessive sono sempre in agguato.

Il mondo è decisamente orripilante, e lo è sempre stato. In alcuni luoghi del mondo oggi è appena un po' meno orripilante, ma sempre molto, con e senza rete. Io viaggio molto con i mezzi pubblici e l'atmosfera che percepisco è agghiacciante, o almeno a me pare tale. Biechi luoghi comuni spadroneggiano e gli anziani - miei coetanei più o meno 10 - sono i più retrivi e devo dire, anche i più sostanzialmente e profondamente maleducati. Salvo eccezioni, come sempre, ma eccezioni.

Per godersi luoghi comuni, parole a vanvera, ipocrisia non c'è bisogno di andare in rete. Basta frequentare i luoghi pubblici.

Ma esistono iniziative meravigliose che costituiscono i semi della speranza, nella realtà fisica come nella rete.

Le azioni positive si basano tutte su buona comunicazione, nella realtà fisica come nella rete.

La rete facilita la comunicazione, si tratta di darsi da fare per usarla bene, come tutti gli altri strumenti congegnati dall'umanità, cercando sempre di stringere le parole ai fatti.

C'è gente che ha contribuito a risolvere problemi formidabili usando bene il mondo virtuale. Poi c'è la massa, ma questa non è una novità della rete.

Fermina Daza ha detto...

@Andreas
Siamo in rete per riconoscerci e condividere un percorso. Altrimenti non avrebbe senso parlarne qui e altrove. Tutto il mondo, reale o virtuale che sia, è paese. E la rete non è né buona né cattiva, tutto dipende da come la usi. Concordo pienamente.
Il problema, almeno per me, è che non sempre le parole si traducono in fatti. E in questo concordo con Hanny quando parla di deriva comunicativa.
Cerco di fare ciò che posso per portare il mio contributo alla buona comunicazione... o almeno ci provo, anche se certe volte mi sento come il bambino che voleva svuotare il mare col cucchiaino. Con questo, però, non voglio dire che rinuncio ad essere e ad esserci.
Quando parlo di grancasse, allori e bande, mi riferisco semplicemente al fatto che certe cose, certi semi, lo stringere le parole ai fatti, la risoluzione di problemi fondamentali... dovrebbero essere pane quotidiano per tutti, qualcosa a cui tutti dovrebbero tendere naturalmente. Cercare di superare "il rumore" di una comunicazione, dovrebbe essere un fatto naturale, come bere e respirare...(si deve forse suonare la grancassa per annunciare al mondo che abbiamo bevuto dell'acqua?) Dovrebbe essere, in buona sostanza, una cosa talmente scontata da apparire addirittura "banale", un po' come la "banalità del bene" di Giorgio Perlasca... non so se sono riuscita a spiegarmi...